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La droga in provincia: osservare il piccolo per comprendere il grande.

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La droga in provincia: osservare il piccolo per comprendere il grande.

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Questa riflessione nasce dalla ricerca di un libro assente sugli scaffali delle librerie e dal web. Non definirlo “introvabile” è conseguenza soltanto della consapevolezza della pigrizia di cui abbondano certi lettori e, forse per questo, diventati lettori, – come nel caso di chi scrive. Il libro in questione racconta delle contestazioni giovanili degli anni ’70 e di una epidemia silenziosa.

La dipendenza da eroina.

Beffardo è il nome. Deriva dal tedesco “heroisch”, letteralmente “eroico”. Fu venduta legalmente dalla Bayer a partire dal 1899. La sostanza, un derivato chimico dalla morfina a sua volta estratta dall’oppio grezzo, si pensava che fosse priva degli effetti collaterali di dipendenza e assuefazione della morfina. Non fu esattamente così.

È doveroso scrivere di Carlo Rivolta, un giornalista di punta della Repubblica, e della sua etica professionale. Il giornalismo, per Carlo Rivolta, richiede onestà: non puoi scrivere se non di ciò di cui conosci. E così, in una complessa panoramica dell’Italia degli anni ’70, si scontrò frontalmente con le contestazioni antiborghesi, con le risposte borghesi alle contestazioni giovanili…e con l’eroina. Gli fu fatale a soli 33 anni, siamo nel 1982.

L’Europa, ed i numeri sono documentati in ogni emeroteca e video girati da reporter dell’epoca, perse una generazione.

Nei documenti si riscontra una complessità di pensiero in quella generazione perduta che difficilmente sarebbe rinvenibile oggi nel mondo dominato da influencer: riassumibile in un quid vacui, una zona franca dal pensiero critico. Eppure furono giudicati duramente, emarginati, mai ascoltati. Carlo Rivolta, come simbolo di una generazione, che aveva molto da dire, che sentiva il peso del futuro, ma trattata con disprezzo perché, alle ribellioni che caratterizzano la giovinezza, rispose quando con la lotta e quando travolta da questa ombra oscura:

“l’ero”. Bucarsi era la soluzione per non sentire. Un anestetico dal mondo.

A chi era fanciullo a cavallo fra gli anni ’80 e ’90 risuonano ancora nella memoria le raccomandazioni degli adulti, dispensate in spiaggia o nei parchi: “stai attento, non toccare le siringhe”. La generazione che seguì crebbe traumatizzata dallo stigma del “tossico” e dalle siringhe infette. Le pubblicità messe in atto per contenere il disastro di vite funzionarono. La regina delle piazze, perse il suo posto d’onore. Venne soppiantata da altre droghe, meno potenti in termini di assuefazione e di dipendenza. Chi ne è uscito, a buona ragione, si autodefinisce un sopravvissuto.

Ma la storia è fatta di dimenticanze. Abbiamo tutti memoria corta. La notizia è che l’eroina non è mai scomparsa, infingarda, si è nascosta silenziosa, restando l’ultima soluzione di vite disperate.

In Cilento è di due settimane fa l’ultimo arresto per spaccio di eroina. Nell’ultimo anno e mezzo si registra un ritorno sulla scena, e quando questo ritorno è registrato anche in provincia, si può dedurre che sia ufficiale. La provincia è lo specchio della società, lontana dai giochi di potere e dalle piazze trafficate, può essere analizzata per constatare lo stato di salute dei costumi. Se qualcosa appare in provincia in piccole quantità, vuol dire che è presente in grandi quantità altrove. Concetto valido per le dipendenze da sostanze psicotrope e stupefacenti, ma estendibile ad ogni altra forma di corruzione umana. Il riferimento alla politica è sotteso.

C’è una differenza da sottolineare, – rispetto agli anni ‘70/’80,- oggi l’eroina non è sola, ma condivide la piazza con altre sostanze pericolose, eterogenee, frutto di sperimentazioni di chimici da strada. Un caso a parte è quello del Fentanyl, legale ed altrettanto epidemico.

Anche la società è cambiata, il retropensiero di chi è giovane oggi, non mostra la forza attrattiva di quello delle contestazioni che negli anni ’70 ha avuto il coraggio di esprimersi e lottare per cambiare le regole di un sistema nel quale non si identificava.

Quali sono oggi i valori ai quali chi è giovanissimo potrà aggrapparsi per avere qualcosa su cui dissentire, qualche ideale per cui scendere in piazza e, forse, salvarsi dall’ombra delle dipendenze?

Ai lettori del Fico, a chi ancora legge e si documenta con curiosità, affidiamo un gravoso testimone: la speranza.

 

Monica Bruno